Se è vero che ci vuole un fisico bestiale, come spesso abbiamo scritto citando Luca Carboni nel commentare le imprese della ultrarunner Francesca Ferraro, non di meno ci vogliono serenità e determinazione per chi ha deciso di intraprendere, come Francesca, una sfida che è – prima di tutto – con se stessa.
Ed è quanto sembra trasparire da questa intervista.
Corri tutti i giorni, ma quanti km fai all’anno tra allenamenti e gare?
“Più o meno sui 6.000, 6.500. La media è questa”
Una vita di corsa…
“Sì, bellissima. Non potrei immaginarne una diversa; per me correre è una parte importante delle mie giornate”.
Mi dicevi che ti alzi molto presto al mattino
“Sì, per il mio lavoro. Così quando ho finito ho tutto il tempo che voglio per correre senza guardare l’orologio”.
Quindi ti alleni di pomeriggio
“Sì sempre di pomeriggio. Preferisco”.
Leggevo sulla pagina FB di Emozioni Sport, che è il gruppo sportivo arenzanese di cui fai parte, che l’anno scorso hai fatto 1.534 km in gara.
“Eh sì, ma l’anno scorso non ne ho fatte molte”.
Ah… E quest’anno cos’hai in programma?
“Il 6 aprile partecipo all’Ultimo Sopravvissuto a Castellaneta in Puglia che è una gara backyard in cui si va avanti fino a che non resta un solo partecipante. Poi il 3 maggio farò l’Ultrabalaton in Ungheria, che è il giro del lago Balaton da 220 km, poi il 18 di maggio vado in Francia, a Lione, dove mi hanno invitata per l’Ultr’Ardeche, che è sempre una 220 km con molte salite e discese in montagna”.
Son già stanco solo a sentirti raccontare…
“E poi la corsa più bella, a cui sono proprio contenta di partecipare, sarà l’ultramaratona Badwater 135 nella Death Valley in California il 22 di luglio. E’considerata la più estrema tra le gare sulle 135 miglia (217 km ndr) dove si corre con temperature fino a 50 gradi. Infatti bisogna avere due persone che ti seguono, una in auto perché non ci sono ristori, non c’è niente in quel deserto, e l’altra per rifornirti di acqua e bevande fresche mentre corri. E si deve arrivare entro 48 ore. E’ lo stesso format sulle 135 miglia della gara che ho fatto al freddo del Minnesota, solo che qui si fa al caldo.
Un programma bello intenso
“E dopo parteciperò al “Tor des Geants”, un trail running da 330 km che sostanzialmente è il giro della Valle d’Aosta ed è la più famosa gara di questo tipo. (Tor des Geants in valdostano significa Giro dei Giganti, che sono le quattro vette toccate dal percorso: Monte Bianco, Gran Paradiso, Monte Rosa e Cervino ndr). Per ottobre, novembre e dicembre ci devo ancora pensare”.
Mi immagino una vita di allenamenti rigorosi, con programmi strutturati, un’alimentazione controllatissima …
“Ma no, la mia vita di corsa è bellissima perché non seguo tabelle, allenamenti ecc. A me basta uscire a correre, anzi mi stanno strette queste cose. Infatti non ho neanche un allenatore; ho una persona che mi consiglia ogni tanto qualche allenamento più di qualità. Diciamo un paio di volte a settimana, però me lo gestisco quando mi pare, giusto per migliorare un pochino. La cosa più bella è uscire, andare e non guardare l’orologio. Niente alimentazione ipercontrollata, niente tabelle, niente. Preferisco così, perché deve essere un divertimento”.
Qual è la gara più bella che hai fatto, quella che ti porti nel cuore?
Forse la Spartathlon in Grecia (Atene – Sparta di 246 km ndr) dello scorso ottobre perché il primo anno non sono riuscita a concluderla e quindi c’è voluto un anno intero di attesa per riprovarci e riuscire a portarla a termine. Comunque dopo due mesi dal primo tentativo ho partecipato alla ASA Atene-Sparta-Atene (sulla distanza doppia di 490 km ndr) che invece è andata bene. (Andata bene, nella solare sobrietà che contraddistingue Francesca, vuol dire prima donna e sesta assoluta! ndr) Mi son detta che facendo andata e ritorno almeno l’andata sarei riuscita a completarla!”
Quando si corre, specialmente in gare di questo tipo si è inevitabilmente soli …
“È proprio la cosa più bella. Quando corro non uso neanche le cuffiette per la musica. Niente, né in allenamento né in gara, perché è proprio questo il bello. Essere soli con se stessi. Correndo sola trovo la soluzione a qualsiasi problema. Penso tanto e non mi serve nient’altro. Poi chiaramente se qualche volta capita di correre con qualcuno mi fa piacere. Ma così, una volta ogni tanto. In gara invece voglio stare da sola, sempre.
E quand’è che hai incominciato a correre?
“Dieci anni fa. Sono dieci anni giusti, sì”.
Ma così all’improvviso o era una passione che avevi già da piccola?
“No, ho cominciato giusto per tenermi un po’ in forma; avevo un fidanzato che correva e così mi ha coinvolto. Ho iniziato così, molto gradualmente e poi la cosa mi ha coinvolto tantissimo. Ora è una vera passione”.
Ti sei appassionata, possiamo dire, strada facendo …
La prima gara è stata la Mezza di Genova, che mi aveva consigliato Stefano Ameglio (presidente della ASD Emozioni Sport Team ndr). Allora 21 km mi sembravano davvero troppi, perché ero abituata a correre una mezz’oretta, al massimo un’ora
Mezza di Genova che ci sarà tra poco, anche se per te ora è una gara troppo corta…
“Quando farò una mezza la preparerò come si deve. Queste gare corte, di velocità, vanno preparate bene”.
Tu sei, come dire, per le lunghe percorrenze…
“Si però ogni tanto mi impegno anche con un po’ di velocità. Infatti nell’ultima maratona a Brescia (a inizio marzo ndr), sono riuscita a correre ad una media di 4 minuti e 30 secondi al km che per me è già un buon risultato”. (Fa la modesta anche stavolta ma si è classificata seconda donna assoluta e prima di categoria Ndr)
E la gara che ancora non hai fatto ma che è in cima ai tuoi desideri?
Mah … ho tanti programmi. A gennaio dell’anno prossimo voglio fare la Brasil 135 per concludere il ciclo delle gare sulle 135 miglia, però (sorride) una gara che mi piacerebbe tantissimo fare effettivamente c’è. Recentemente ho seguito un amico che ha fatto la 1.000 Miglia in Alaska in bicicletta, 1600 km, gara che si può fare anche di corsa in versione più corta, da 350 miglia, che sono comunque quasi 600 chilometri. E l’anno prossimo andrò a fare proprio quella, perché avendo già corso la Arrowhead in Minnesota (vedi sopra) ho la possibilità di iscrivermi anche a questa. Mi devo preparare bene perché al momento non sarei in grado di gestire dodici giorni di gara in Alaska a meno 40. Però lo farò perché è una sfida e spero di farcela e di non seccare lì (sorride). Penso che questa sia la gara più dura in assoluto. Si chiama Iditaroad e si corre in Alaska a fine febbraio.
Dodici giorni a meno quaranta, ho capito bene?
“Per chi la fa a piedi sì. Però per poter fare la 1.000 Miglia bisogna aver concluso almeno due volte la 350; quindi intanto inizio a farla una volta e poi vediamo… Serve un sacco a pelo, quello da -40 per poter dormire a quelle temperature, e poi ci sono delle basi-vita dove poter stare anche al caldo ogni tanto. Si deve valutare bene quando fermarsi perché quando ci sono le bufere è un bel problema. E poi dovrò procurarmi una slitta perchè quella che avevo in Minnesota non era di legno e non ha retto la temperatura”.
Insomma per te correre è una filosofia di vita
“Non posso farne a meno. E non mi pesa affatto. Anche quando sono stanca vado a correre e torno rigenerata”.
La tua prima gara tosta?
“La più sofferta, quella che all’arrivo mi ha resa felicissima, è stata la “100 del Passatore” che ho fatto nel 2016. E’ la ultra maratona da Firenze a Faenza, ed è stata la mia prima 100 km. Passare da 42 km a 100 è stata durissima. Ed è stata la mia prima gara ultra tosta. Anche perché non l’avevo preparata, anzi non sapevo neanche come fare a prepararla. Comunque ci ho provato.
Insomma sei andata sulla fiducia
“Ci ho messo 14 ore, tantissimo. Però sono arrivata. E non ho mai mollato anche se stavo malissimo. E li ho capito che queste potevano essere gare per me”.
C’è stata qualche gara in cui hai pensato di non farcela e poi sei riuscita ad arrivare?
“Più o meno lo si pensa in tutte le Ultra perché dopo 100, 150 chilometri c’è un calo inevitabile sia psicologico che fisico. Il momento peggiore è a metà gara, quando non vedi la fine e sei in mezzo al guado. Stringi i denti e pensi a quanto sarà bello arrivare ed essere ripagata di tutte le fatiche”.
Mancano pochi giorni alla tua prossima gara. Sensazioni?
A Castellaneta, come ho già detto, sarà una backyard, un format da ultimo sopravvissuto, dove si va avanti a correre fino a che non ne resta uno, e spero di essere l’ultima in piedi stavolta. Non ho mai vinto una gara di questo tipo però chissà…
Qual è la domanda che non ti ho fatto e che ti saresti aspettata?
“Beh pensavo tipo perché partecipi alle ultramaratone?”
Allora considerala fatta
“Non è facile rispondere a questa domanda; direi che faccio queste corse perché ti aiutano anche nella vita, ti rendono più forte psicologicamente nell’affrontare qualsiasi problema. Devi andare sempre avanti e quindi ti devi temprare. Ci vuole tanta forza mentale in queste ultramaratone perché dopo 40, 50 ore cominci a pensare di non farcela. Invece no. E secondo me questo vale anche nella vita. Devi sempre trovare la soluzione al problema.
Quindi Francesca è tostissima, visto che ci riesce
“Sto imparando”.