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L’Angolo della Poesia – 11 settembre 2001: La ballata dei fiori

Pubblichiamo di seguito una bella poesia che Angelo Guarnieri, psichiatra e poeta arenzanese, ha composto in memoria dell’11 settembre 2001.

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L’11 settembre del 2001 mi ero recato nello studio di Don Balletto, compianto amico e teologo, per fargli un’intervista.
Aveva risposto con grande attenzione e affetto, anche sui fatti del G8 di Genova. Verso le 17 sono uscito e mi sono ritrovato nella meraviglia di piazza S.Matteo, gioiello del centro di Genova e della sua storia. Dovevo andare acasa di Liana Millu, abituale interlocutrice a conversatrice dolcissima. Come di consueto andavo a piedi per annusare la città.
Subito mi colse un’aria cupa di angoscia e sospetto. Poca gente in giro. I palazzi grigi nella loro verticalità spigolosa. A piazza Tommaseo un tassista diceva a un altro: “Hai visto cosa è successo?” e l’altro “Te lo dicevo io, questi Palestinesi”. A casa di Liana chiesi al portiere: “Hanno bombardato il Pentagono” mi rispose. Liana sapeva poco; un’amica le aveva telefonato e, si, forse il Pentagono era stato attaccato.
La sera, tornato a casa, seppi quel che si poteva sapere degli attacchi, delle Torri Gemelle, dei quasi tremila morti. Vidi migliaia di immagino, sentii dolorosissime telefonate. E poi Bush e la guerra infinita al terrorismo e a quello che lui definiva terrorismo. Tante parole, tante immagini.
Tutto non si è mai saputo.
Il giorno dopo mi esplose dentro questa poesia. La sento ancora viva.
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LA BALLATA DEI FIORI
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Se io vivessi a New York
porterei un fiore
sulla tomba di Jack il pompiere.
E di Johnny l’inserviente.
E poi di Hèlene, cameriera.
Poi ancora altri fiori
per Paul il bancario
del piano ottantanove
e per il pubblicitario
dall’antico nome italiano.
Un fiore per ciascuno lascerei sulle macerie,
sulla bianca polvere delle profezie.
E certo li bagnerei di pianto, amaro e silente,
come quello che verso su ogni vittima innocente.
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Ma non vivo a New York
e non so se è fortuna.
Un accidente di cui non mi lamento.
Sto ad Ovest di Genova che amo, riamato.
Passo tanto tempo con persone ferite,
che la catastrofe l’hanno avuta nella vita.
Tra queste una è morta proprio ieri.
Si chiamava Peo, aveva occhi neri.
Lineamenti aveva ed espressione
di quegli attori di secondo piano,
che fanno il carattere del cinema
e rendono immortale la visione.
E’ morto Peo.
Dopo trent’anni di manicomio
e venti di accoglienza
in una casa di sobrietà e di pazienza.
E’ morto quasi cieco, improvvisamente.
A lui porterò il fiore, nato per New York.
Sulla sua tomba verserò il mio pianto.
Un fiore fra i tanti, il primo che m’incontra.
Un fiore giusto, di giustizia vera.
Un fiore profumato d’uguaglianza.
Di qua e di là dell’Oceano
abbraccerà Peo e i figli del massacro.
Hanno grandi doni i fiori.
E una grazia veramente rara.
Sono così diversi, per forme e colori,
eppure uguali sono tutti, per tutti sono uguali.
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Angelo Guarnieri