Sono tornate (in grande quantità) le velelle davanti alle nostre coste: si vede e si sente anche il caratteristico odore decisamente non gradevole.
Ma cosa sono esattamente?
Con l’aiuto di Martina Manuele – giovane arenzanese laureata in biologia marina con una tesi proprio sulle velelle e che ringraziamo per il video – riproponiamo dunque quelle che potremmo definire le cinque curiosità fondamentali su questi piccoli organismi viventi, pubblicate l’anno scorso proprio in questo periodo.
Cosa sono le velelle?
Sono organismi galleggianti, ovvero vivono in superficie e hanno una lamina simile a una sorta di “vela”, da cui il nome, che le sposta a seconda del vento.
Perché puzzano tanto?
La puzza si spiega facilmente: le velelle si spiaggiano, muoiono, e come tutti gli esseri viventi vanno in decomposizione.
Quando arrivano?
Le velelle vivono al largo, e quando iniziano ad arrivare i primi venti da sud-sud est, cioè con il maltempo di primavera, vengono trasportate sulle nostre coste. E grazie alla loro tipica vela, è proprio il vento che le trasporta mentre galleggiano sulla superficie del mare. «Generalmente lo spiaggiamento delle velelle sulle nostre coste si verifica tra aprile e giugno» spiega Martina. Una delle spiagge più esposte della zona tra Arenzano e Cogoleto è in genere quella di fronte al Grand Hotel: il suo posizionamento la rende perfetta per l’arrivo del vento e delle correnti che trasportano velelle.
Un animale misterioso
Delle velelle, nonostante siano animali che compaiono tutti gli anni, sappiamo ancora molto poco: «Nonostante gli spiaggiamenti massivi di velelle siano abbastanza conosciuti nella letteratura scientifica, sono stati fatti pochi studi su ampia scala riguardo l’entità e la distribuzione dei banchi in relazione alle condizioni ambientali e riguardo la biologia e l’ecologia della specie» dice Martina. Di questo animale aveva parlato lo scienziato Ferrante Imperato nel 1599, definendola come “vela marina”, ma senza scendere troppo nei dettagli. Nello stesso periodo, Fabio Colonna descriveva addirittura la velella come se fosse un insetto.
Insomma sicuramente è un animale non molto studiato e di cui quindi sappiamo ancora relativamente poco: basti pensare che lo studio più recente su cui Martina si è in parte basata per la sua tesi – oltre ai monitoraggi e alle indagini sul campo – risale agli anni ’30. «La velella presenta cerchi, come fossero anelli di accrescimento, che variano in base al tempo. Abbiamo notato un aumento non lineare degli anelli all’aumentare della taglia, ma non c’è letteratura, dunque è una nostra ipotesi – dice Martina -. Abbiamo osservato banchi al largo, con velelle ai primi stadi di crescita, ma ciò che rimane un mistero è dove vadano al di là della primavera. In profondità? Si presume. Si pensa che ci possa essere una specie di “fase larvale” in profondità, ma nessuno lo ha mai provato». Le velelle formano delle colonie costituite da molti polipi che hanno diverse funzioni: alimentazione, riproduzione, catture delle prede e difesa della colonia.
Insieme alle velelle in genere si trova anche una graziosa lumachina, la Janthina pallida, che però è una loro predatrice.
Martina per conoscere un po’ di più questo animale ha prelevato anche parte del contenuto stomacale di alcuni esemplari: «Ho trovato gamberetti, larve di gamberi, uova di pesce, alghe ma anche legno e plastica. L’inquinamento colpisce anche loro».